I piani di rilancio dell’Alfa Romeo e degli stabilimenti italiani
di Diodato Pirone – Una cosa è certa: se vogliamo tentare di capire le chance del rilancio dell’Alfa Romeo e la possibile ripresa della produzione di auto in Italia dobbiamo togliere di mezzo la “bufala” dei capannoni-fantasma raccontata ieri da Sergio Marchionne nella sua intervista a Repubblica. “Bufala” perché il design dei nuovi modelli di auto, di tutte le vetture e di tutte le marche, sono segretissimi da sempre. In questo non c’è nulla di nuovo. E invece, paradossalmente, sul progetto industriale di rilancio dell’Alfa si sa già quasi tutto.
Volete sapere chi è il responsabile tecnico del progetto Nuova Giulia? Lo ha svelato per prima a dicembre Autonewseurope.com, sito-Bibbia del comparto auto. E’ un ingegnere francese che si chiama Philippe Krieff, da una dozzina d’anni responsabile della parte strutturale della Ferrari ed ex supertecnico della Michelin. Krieff con un gruppo di ingegneri che spesso lavorano presso la Maserati di Modena ma non solo, sta progettando un nuovo telaio (o architettura, come dicono gli addetti ai lavori) a trazione posteriore e in grado di sostenere anche la trazione integrale delle quattro ruote.
Questo vuol dire che – a differenza delle Alfa-Fiat dell’ultimo quarto di secolo – l’attesissima Giulia berlina e station wagon che sarà costruita a Cassino fra un paio d’anni sarà a trazione posteriore, come la sua mitica antenata anni ‘60 figlia dell’Iri e come le agguerrite BMW oggi assemblate a Monaco di Baviera e dintorni.
Un buon pianale, si sa, costa un’enormità. Centinaia di milioni di euro. Ce li ha i soldi Fiat per imbarcarsi su questa avventura? Fiat no. Ma FiatChrysler sì. Già, perché l’architettura della Giulia (e di altri modelli) sarà utilizzata anche negli stabilimenti statunitensi e canadesi del gruppo per produrre la Nuova 300C della Chrysler (che in Italia oggi viene venduta come Lancia Thesis) e la muscolosa Dodge Charger. Ed è possibile che sullo stesso elemento vengano progettati un Suv Alfa e quello, lussuosissimo, della Maserati destinato a Mirafiori nel 2015.
Pochi segreti anche sull’altro elemento chiave di un’Alfa: i motori. Anche qui la chiave di volta è il gioco di squadra Fiat-Chrysler già in atto da anni. Il 3 ottobre del 2011 il Cda della Fiat ha annunciato la nascita di un nuovo propulsore 1,8 turbo a benzina in alluminio ad uso esclusivo (“Basta con i motori Fiat per Alfa”, ha detto l’altro ieri Marchionne) delle auto di gamma alta del gruppo. Il motore è già una realtà e viene prodotto nella fabbrica di Pratola Serra, in provincia di Avellino, per essere montato per ora sulla sportivissima 4C in carbonio (prodotta in 7 esemplari al giorno dalla Maserati di Modena). Il pochissimo tempo intercorso fra il varo e la realizzazione del nuovo motore fa capire che probabilmente l’intero progetto è un’evoluzione di un propulsore già a disposizione della Chrysler. Motore che i tecnici europei di Fiat con l’ausilio dei colleghi yankee hanno profondamente rivisitato, alleggerendolo con alcune parti in alluminio, apportandogli un sistema di iniezione diretta a 200 bar e regalandogli una mostruosa potenza collocabile fra i 240 e i 300 cavalli pur nel rispetto delle norme anti-inquinamento Euro6 europee e di quelle ancora più severe americane. Si sa che periodicamente gruppi di tecnici di Pratola Serra si recano a Detroit.
Dal 2015, poi, il motore purosangue avellinese sarà esportato in Giappone, presso gli stabilimenti Mazda di Hiroshima, da dove uscirà il successore del mitico Duetto in accoppiata con l’aggiornamento dello spider Miata nipponico. Lo sviluppo di questo modello – che sarà venduto più negli States che in Europa – è stato affidato da Marchionne ad una squadra di tecnici italiani e americani he fa base nel Michigan.
Anche i diesel dell’Alfa non hanno aspettato la fusione FiatChrysler per partire né sono segregati in alcun capannone-fantasma. Saranno una ulteriore evoluzione del 3.000 cc costruito dall’ultimo acquisto fatto da Fiat in Italia: la VM di Cento in provincia di Ferrara. Guidata dall’ingegner Giorgio Garimberti, la VM sta facendo 250 assunzioni per passare dai 70 mila pezzi del 2012 ai 120/140 mila del 2014 e forse a qualcosa in più negli anni successivi. Questo propulsore costerà relativamente poco all’Alfa. Come mai? Per via delle sinergie americane, è chiaro. Il suo prezzo unitario scenderà moltissimo mano a mano che saliràanno i numeri del suo export verso le fabbriche del Michigan della Jeep (per il Grand Cherokee) e della Ram (che produce circa 400 mila camioncini che vanno per la maggiore in America).
Ma se volete già toccare con mano le potenzialità industriali dell’Alfa e i possibili effetti delle sinergie FiatChrysler sulle fabbriche italiane potete farvi un giro nella cintura torinese e parcheggiare la vostra auto a Grugliasco. Qui da un anno è partito lo stabilimento Maserati che assembla le lussuose Quattroporte e le Ghibli: i 1.100 dipendenti – in maggioranza Fiom – erano da 8 anni in cassaintegrazione. Ora sono saliti a quota 2.000 su due turni e lavorano anche di sabato. Il secondo turno in realtà lavora su 9 ore al giorno proprio per evitare di rimanere in fabbrica il sabato sera. Già 30 mila gli ordini ricevuti, al ritmo di 5.000 al mese contro una produzione di 3.000/3.500 pezzi mensili. Il principale mercato è la Cina che a novembre ha battuto gli Stati Uniti.