Imprese Geico Partire dal basso e risollevare un’industria. Anche in tempi di crisi
La storia di Geico, che progetta e sviluppa impianti di verniciatura per l’industria automobilistica confrontandosi con colossi internazionali, è la storia di un fglio acquisito, Ali Reza Arabnia ( foto ), il genero iraniano dell’ingegner Giuseppe Neri, che ha raccolto un’eredità rifutata dai fgli veri. E ha portato il giro d’affari a toccare nel 2012 quota 96 milioni di euro, in crescita del 50%, con un utile netto di 1,4 milioni. Passando attraverso la crisi, come quella iniziata ad agosto 2008 e culminata a dicembre 2010, con ordini per 120 milioni annullati o posticipati. Il mercato auto era in coma, ma Arabnia non è uno che si arrende. Dopo essere diventato il marito di Laura, unica fglia femmina dell’ingegnere Neri, ha risollevato le sorti della fliale nigeriana. Poi si è occupato di Fast&Fluid, controllata nella produzione di macchine per la miscelazione di vernici, acquisendo anche l’intera società da cognati e suocera.
Con la crisi del 2008 rimanevano due scelte, chiudere o provarci ancora, ha raccontato Arabnia. «Di certo non abbiamo licenziato nessuno. Anzi, abbiamo confermato le persone in prova. La sfda è stata puntare sull’innovazione: i nostri concorrenti tagliavano, noi stando fermi avevamo l’occasione di sorpassarli». Così in quella che è un’industria tipicamente energivora, il nuovo centro tecnologico riesce a sviluppare un impianto a risparmio energetico. Si consuma il 30% in meno dei 10-14 milioni che servono per sostenere una macchina da 300 mila scocche all’anno. Grazie a quell’idea, un giorno arriva l’ordine di Renault, a cui segue la commessa di Peugeot Brasile, che paga il 10% in più rispetto alle offerte dei concorrenti, perché l’impianto Geico gli consentirà di recuperare il sovrapprezzo in un anno. Per superare la piccola dimensione e offrire le dovute garanzie ai clienti internazionali, da cui deriva il 98% del fatturato, Arabnia ha infne stretto un’alleanza con il colosso Taikisha, 1,8 miliardi di fatturato: i giapponesi hanno il 51% delle azioni, gli italiani il 49%, ma per prendere decisioni serve una maggioranza qualifcata. E la “testa” resta in Italia, a Cinisello Balsamo, dove un nuovo centro di ricerca produrrà, entro il 2020, un impianto completamente autonomo. «Ci hanno proposto di costruirlo nel Regno Unito, negli Usa, in Giappone o Cina, tutte opzioni molto più a buon mercato. Ma la ricerca è fatta di persone che pensano, e loro sono qui, in Italia, dove voglio che Geico resti».