Home Blog La fabbrica del futuro: energia dal basso e “buona produttività”

L’importante ruolo dei manager e del sindacato per un cambiamento che non può più aspettare.

di Gabriele Caragnano - Negli ultimi giorni di fermento politico sul tema della riforma del lavoro, si è sentito parlare di articolo 18, di salario minimo, si è sottolineata l’esigenza di una moderna politica industriale e si è discusso della riforma dei contratti, tutti temi che gravitano intorno a un concetto a me molto caro: la produttività.

Senza dubbio stiamo vivendo in una fase di transizione che porterà, ci auguriamo, a una profonda evoluzione dei ruoli degli attori principali che operano nel mondo del lavoro. In sottofondo si sente un brulicare di parole su come e che cosa fare per il bene e il futuro del Paese. Il governo mostra con convinzione il suo interesse a muoversi verso un cambiamento profondo delle regole del mondo del lavoro: abolizione del contratto nazionale? Definizione di nuovi modelli contrattuali aziendali? Le sfumature da questo punto di vista sono molteplici.

Da queste premesse è auspicabile che si delinei il nuovo ruolo del sindacato del futuro e cioè che si creino nuove relazioni tra aziende, imprenditori e sindacati. Il fine ultimo dovrebbe essere accompagnare l’impresa verso una maggiore competitività in modo tale da garantire una migliore qualità della vita dei lavoratori e raggiungere il traguardo della sostenibilità manageriale e competitività sui mercati globali.

A livello di sistema economico che cosa servirebbe per migliorare la produttività? Come fare per sviluppare un sistema produttivo industriale moderno?

Ritengo che prima di tutto sia necessario individuare la strada più adeguata per un cambiamento drastico dei comportamenti aziendali, iniziando a basarsi sulla conoscenza e sull’informazione. Per fare ciò non serve tanto un cambio di mentalità, ma piuttosto un cambiamento di comportamenti che porti a ottenere buoni risultati di produzione.

Prendendo spunto proprio da uno dei temi su cui si sta discutendo in questi giorni, voglio fare alcune riflessioni che ritengo di primaria importanza. Mi riferisco alla riforma dei contratti di lavoro, ovvero la strada che Fiat sta già paventando di seguire e cioè di legare i salari alla produttività così da colmare il disallineamento permanente tra le dinamiche retributive e l’andamento della produttività aziendale, soprattutto in un momento in cui l’inflazione è quasi assente.

Se questo è il versante che interessa più la parte contrattuale e i sindacati, dall’altro ci si rende finalmente conto che non è più possibile stimolare i lavoratori esclusivamente con incentivi economici ma, al contrario, nella fabbrica del futuro sarà importante avere operai sempre più motivati e autonomi, valorizzati grazie a attività ricche di responsabilità e riconoscimento.  Questa naturale evoluzione è necessaria per far sì che tutte le persone, a tutti i livelli, siano capaci di identificare i problemi, pensare a come risolverli e stimarne gli effetti. Sfortunatamente, spesso non c’è il tempo materiale per fare tutto questo e mancano le opportunità per organizzare, introdurre, discutere e proporre le proprie scoperte. Nella misurazione e gestione del lavoro è quindi compito dei manager trovare il modo di motivare gli operai e guadagnarsi la loro fiducia, per avere valutazioni corrette e intraprendere azioni migliorative che creino valore aggiunto. Deve emergere il nuovo concetto di leadership, l’organizzazione deve cambiare direzione e stile e l’azienda deve attrezzarsi per rispondere a situazioni in continua mutazione. È importante applicare un corretto metodo di analisi e gestione delle problematiche basato su un sistema di skills e di filtraggio che faccia arrivare ai cosiddetti “piani alti” solo i problemi di maggior rilievo che richiedono competenze specifiche.

Soltanto attraverso l’utilizzo di un team ad elevate prestazioni l’organizzazione del lavoro può generare “coinvolgimento attivo”, indispensabile per ottenere la qualità, il servizio e il valore richiesti per avere successo nell’attuale contesto di formidabile competizione globale. Alla base del cambiamento vedo quindi un’importante operazione intorno al tema dell’organizzazione del lavoro, ciò che serve alla fabbrica del futuro è liberare nuova energia dal basso e dare spazio a ciò che ci piace definire “buona produttività”.

Ciò consentirebbe alle aziende di essere flessibili, veloci, agili e pronte nel rispondere al continuo cambiamento, di prendere decisioni rapide utilizzando gruppi di persone con diverse capacità, esperienze e conoscenze, di motivare l’apprendimento continuo, l’elevata creatività e la capacità di innovazione.

In altre parole, le aziende del futuro dovranno essere sempre di più dei contenitori di competenze, competenze autonome e ben organizzate che, credendo in un obiettivo comune e forti della valorizzazione del proprio ruolo, garantiscano alla fabbrica un alto livello di produttività e efficienza. Dall’altro lato i manager dovranno assicurare l’applicazione di un metodo di organizzazione del lavoro che coinvolga attivamente tutte le parti in causa. Il nuovo modello di fabbrica dovrebbe svilupparsi mettendo al centro gruppi di lavoro autonomi che credano in un forte obiettivo finale: mantenere un alto livello di buona produttività.

 

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