Il Settore Automotive: interessante analisi di Alberto Cipriani
di Gabriele Caragnano – Ho letto con grande interesse l’analisi del settore automotive sviluppata da Alberto Cipriani, FIM nazionale Organizzazione del Lavoro, lo scorso 3 marzo.
Cipriani sottolinea che “per un gruppo industriale costruttore di automobili non può oggi essere sostenibile la competizione globale se non si rispettano alcune regole auree, tra cui volumi produttivi cospicui e presenza commerciale su molti mercati”.
L’autore parla quindi di valori produttivi cospicui, ma come può fare un’azienda a crearli?
E’ necessario assicurarsi che il sistema organizzativo funzioni secondo determinate regole che garantiscano il massimo livello di efficienza possibile nel rispetto delle normative vigenti in materia di ore lavorate, pause, ritmi, ecc. Questo è possibile ad esempio applicando le metodologie Ergo-MTM come è stato fatto proprio in questi mesi dallo stabilimento FIAT di Melfi che ha iniziato ad utilizzare la metodologia Ergo-UAS.
Concordo nel definire Fiat Chrysler Automobiles un’esperienza atipica nel panorama del settore automotive, perché non era mai accaduto che una grande azienda produttrice di auto integrasse al suo interno una realtà di eguale grandezza e profitto. Questo processo nel settore automotive si sta sempre più concretizzando in una sostanziale riduzione del numero di player globali. Ciò che è avvenuto tra Fiat e Chrysler si configura come un vero e proprio processo di integrazione alla pari, dopo il caso Daimler, caratterizzato da un certo stile colonico, si è rivelato di grande successo l’approccio italiano, molto più efficace.
Ma quali sono stati i fattori che hanno portato al successo di un’operazione di integrazione così complessa? Tra le ragioni più rilevanti – spiega l’analisi – c’è sicuramente l’aver privilegiato la logica delle buone pratiche inserite all’interno del sistema WCM (World Class Manufacturing – in cui rientrano anche le metodologie Ergo-MTM) che indubbiamente si è dimostrato vincente.
“Non vi può essere una buona pratica senza che dietro vi sia una solida teoria” è questa una logica facilmente condivisibile, ma altrettanto difficile da mantenere nel tempo, perché le buone pratiche migliorano e dunque rinnovano continuamente l’impostazione teorica in un loop che può sfuggire di mano. E’ in qualche modo automatico il collegamento tra vasta presenza globale e sfruttamento massimizzato delle architetture di prodotto. Una più razionale distribuzione dei costi fissi, in particolare di quelli per ricerca e sviluppo, ma anche di quelli per acquisti di parti e materiali che valgono circa il 70% dei costi di un autoveicolo, è tra le sfide future del settore.
Come specifica Cipriani, il gigantismo dei produttori di auto nasce da esigenze molto chiare ed è destinato ad ampliarsi, salvo nicchie residuali. La competizione si gioca dunque su un mix sempre più articolato di fattori che si aggiungono allo stile, all’innovazione di prodotto e alle politiche di marketing.
Il costo di un nuovo stabilimento è oggi tra 800 milioni e 1,2 miliardi di euro, mentre i costi di una nuova architettura si attestano a poco meno di 1 miliardo di euro. Realizzare utili con investimenti di questa portata è l’unico modo per i costruttori di rimanere in attività. Una regola è chiara quanto banale e di certo non si riduce al solo settore automotive, per vincere la sfida del mercato è necessario assicurare un rapporto qualità/prezzo migliore dei concorrenti.
In Italia abbiamo due fattori fondamentali che caratterizzano il nostro settore automotive e sono la qualità del prodotto e il processo. Il mondo è avido di buoni prodotti made in Italy e anche nel settore automotive non siamo secondi a nessuno in termini di qualità e eccellenza.
Cipriani sottolinea come nel corso degli ultimi anni il settore luxury automotive abbia preso il volo e sia in crescita costante. I margini in questo ambito viaggiano dal 10% al 15% contro un 4%-6% del mercato generale.
Purtroppo, tra i fattori che spingono le imprese a non investire in Italia ci sono i costi, tra cui quello dell’energia che, come è noto, in Italia è particolarmente elevato. Altro elemento strategico è la rete logistica a cui è strettamente connesso il sistema di infrastrutture del territorio. In questo ambito, i player automotive concepiscono ormai i sistemi di fornitura e trasporto come reti di supply chain globali, dove tutto viene rigorosamente tracciato e indirizzato secondo le esigenze dei vari plant che compongono la geografia produttiva. Anche su questo punto l’Italia soffre di non poche carenze.
Esistono infine elementi del sistema aziendale che possono fare la differenza e che hanno come protagonista il fattore umano. Come chiarito anche dalle metodologie Ergo-MTM e dalla Fondazione Ergo-MTM Italia, le persone, il loro contributo di capacità e intelligenza, sono centrali nei processi orientati all’eccellenza. Ancora più rilevante è il sistema di relazione tra le persone all’interno delle fabbriche e dei luoghi di lavoro in generale. Il team working risulta oggi uno strumento decisivo nei processi di miglioramento continuo e nella generazione di un knowledge avanzato. Nessuno può più considerarsi autoreferenziale, tutti hanno bisogno di tutti, in un gioco organizzativo e relazionale che non può essere lasciato al caso.
Infine, nella sua analisi Cipriani conclude con una previsione per il futuro che mi sento di condividere pienamente: “l’approccio scientifico e rigido all’organizzazione del lavoro viene dunque messo in forte discussione […] il percorso di uscita dal taylorismo ha prodotto negli ultimi anni cambiamenti tecno-organizzativi nelle fabbriche con una rapidità e intensità mai viste in passato. La partecipazione diretta per un verso, e quella organizzativa per l’altro, sono alla portata dei lavoratori organizzati e di un sindacato che scelga la via del rinnovamento, lanciando una vera sfida al sistema delle imprese su questo terreno imprescindibile per competere e possibilmente vincere nel mondo”.