Home Blog Dlgs. 81/08 – cosa deve cambiare

Pochi giorni fa ho pubblicato un post riguardante il legame pericoloso e scorretto tra il Dlgs. 81/08 e le norme  tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta,  movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza). Oggi vorrei approfondire l’argomento estraendo dal Dlgs. 81/08 le parti che devono essere assolutamente modificate, fornendo naturalmente delle spiegazioni sostenibili e razionali.

Dunque, partiamo col mettere a fuoco i passaggi e gli articoli del decreto di nostro interesse. Qui di seguito riportiamo per vostra comodità l’articolo che ci interessa:

17038335_sArt. 168. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessita’ di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell’allegato XXXIII, ed in particolare: a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute; b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell’allegato XXXIII; c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all’allegato XXXIII; d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato XXXIII.

3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell’allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.

Il punto chiave è il comma 3, in cui si dice che le norme tecniche (ISO) costituiscono criteri di riferimento per le finalità dell’art. 168. Viene citato anche l’allegato XXXIII, che per semplicità di lettura vi riportiamo qui di seguito:

ALLEGATO XXXIII

(( MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato. ELEMENTI DI RIFERIMENTO

1. CARATTERISTICHE DEL CARICO La movimentazione manuale di un carico puo’ costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: – il carico e’ troppo pesante; – e’ ingombrante o difficile da afferrare; – e’ in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; – e’ collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; – puo’, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.

2. SFORZO FISICO RICHIESTO Lo sforzo fisico puo’ presentare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: – e’ eccessivo; – puo’ essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; – puo’ comportare un movimento brusco del carico; – e’ compiuto col corpo in posizione instabile.

3. CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO Le caratteristiche dell’ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: – lo spazio libero, in particolare verticale, e’ insufficiente per lo svolgimento dell’attività richiesta; – il pavimento e’ ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o e’ scivoloso il posto o l’ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione; – il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; – il pavimento o il punto di appoggio sono instabili; – la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate.

4. ESIGENZE CONNESSE ALL’ATTIVITA’ L’attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze: – sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; – pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti; – distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; – un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.

FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro, il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: – inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di eta’; – indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; – insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell’addestramento

RIFERIMENTI A NORME TECNICHE Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all’articolo 168, comma 3. ))

La parte più interessante per noi è racchiusa nell’ultimo paragrafo: Riferimenti a norme tecniche. Si dice in sostanza che le norme tecniche (ISO) sono proprio quelle da considerarsi tra quelle previste nel nostro art. 168, comma 3.

Appare quindi molto evidente che le norme tecniche costituiscono i criteri di riferimento per l’applicazione del decreto, almeno per quanto riguarda la movimentazione manuale dei carichi. Stabilito questo con chiarezza, voglio concentrare l’attenzione su due punti:

Il primo riguarda il comma 3 dell’art. 168, in cui si fa riferimento ad un importante concetto: quello dell’applicabilità. Dove sono applicabili le norme tecniche riguardanti la movimentazione dei carichi? Nella mia lunga esperienza nel campo dell’ingegneria industriale ho progettato sistemi produttivi di tutte le specie in molti settori industriali ad elevata densità di lavoro manuale eterogenei tra loro: da quelli per la produzione di massa (schede elettroniche, plafoniere, piccoli elettrodomestici, televisori, ammortizzatori per auto, ecc.), a quelli a lotti (elettrodomestici, automobili, autocarri, pompe, ascensori, ecc.) per finire a quelli a commessa (treni, aeroplani, macchine da movimento terra, macchine agricole, grossi macchinari complessi, ecc.). Una cosa è lampante: in sistemi produttivi molto differenti vigono regole e principi molto diversi. Ebbene, leggendo attentamente la serie di norme tecniche ISO 11228 (parti 1-2-3) non appare per nulla chiaro il loro campo di applicazione. Questa lacuna introduce molti interrogativi, poichè genera incredibili sovrapposizioni tra le differenti parti della medesima norma. Ad esempio: la terza parte della ISO 11228 riporta nel titolo “Handling of low loads at high frequency”. Ma cosa significhi low loads o high frequency non ci è dato sapere con chiarezza. Conseguenza di ciò è che l’applicazione della norma 11228.3 (movimenti ad alta frequenza dell’arto superiore) non ha limiti: si va dal ciclo del cetriolino (prendi cetriolino e inserisci in un vasetto per migliaia di volte al turno) a compiti molto meno ripetitivi (cicli di 2-4 minuti tipici del settore automobilistico), fino a compiti del tutto non ripetitivi (cicli di ore, come nel caso delle produzioni su commessa). L’applicazione di norme standard in contesti non definiti è assai pericolosa, poichè alla base dei sistemi di valutazione del rischio vi sono ricerche sperimentali su basi dati molto ristrette, provenienti da settori industriali simili ed omogenei, che garantiscono livelli di accuratezza e affidabilità decisamente insufficienti, al di fuori dei corretti campi di applicazione, per costituire i criteri di riferimento per l’applicazione del decreto Dlgs. 81/08.

Il secondo aspetto riguarda l’indicazione dei metodi per la valutazione dei rischi da sovraccarico biomeccanico. Se cliccate sul link riportato qui di seguito potete visualizzare una tabella riportata nella norma tecnica ISO 11228.3 in cui si elencano una serie di metodi utilizzabili per la valutazione del rischio da movimenti ripetuti dell’arto superiore.

Table A1 Non exhaustive list methods

Il metodo OCRA è presentato come il preferito, tuttavia tutti i sistemi in elenco hanno una propria dignità scientifica e sono stati riconosciuti dal Technical Committee ISO/TC 159 Ergonomics, Subcommittee SC 3 Anthropometry and biomechanics come validi e utilizzabili. Questo fatto la dice lunga sul carattere indicativo che la norma tecnica vuole fornire. Infatti, per chi fosse addetto ai lavori, appare evidente quanto diverse siano le impostazioni dei modelli di valutazione del rischio sottostanti ai vari sistemi “riconosciuti”. Chi si occupa di valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico sa quanto sia facile arrivare a risultati molto differenti utilizzando modelli di valutazione diversi; oppure, addirittura, giungere a risultati molto discordanti utilizzando il medesimo sistema di valutazione da parte di due analisti diversi. L’ergonomia non è ancora una scienza esatta e parlare di norme tecniche riguardanti il carico biomeccanico alla stessa stregua di come si opera nel campo della meccanica è improponibile e non serio.

Quindi cosa possiamo concludere? A mio modesto parere è necessario mettere immediatamente mano al Dlgs. 81/08 e chiarire meglio il carattere indicativo delle norme tecniche in materia di movimentazione dei carichi. Negli altri Paesi CEE non esiste un legame diretto tra legge e norma tecnica e questo non significa che in quei Paesi non sia alta l’attenzione verso i rischi correlati all’attività lavorativa. Questa legge non deve essere usata con finalità vessatorie generando situazioni di squilibrio competitivo a svantaggio della nostra Industria, ma deve indicare una modalità operativa condivisa che spinga il datore di lavoro a prevenire i rischi in modo concreto e certo. Come fare questo? Io ho un po’ di idee a riguardo e spero proprio che possano presto essere ascoltate.

 

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