La gestione delle pause è un fatto scientifico
Di recente l’argomento pause è diventato degno delle prime pagine dei giornali, soprattutto per il caso “bellico” Fiat – FIOM nato con l’accordo di Pomigliano. L’azienda ha giustificato una riduzione delle pause, sostenendo che grazie all’organizzazione del lavoro la salute dei lavoratori rimane in una zona di sicurezza. La FIOM, per contrastare l’assunzione dell’azienda, ha criticato il modello di organizzazione del lavoro ed in particolare il sistema ERGO-UAS, utilizzato per controllare e contenere i carichi di lavoro.
Vorrei uscire dal campo di battaglia per fornire a tutti i lettori alcuni elementi oggettivi, lasciando a ciascuno il proprio diritto di critica ed interpretazione. Per fare ciò, dovrò necessariamente sfiorare alcuni concetti tecnici di organizzazione del lavoro, con la promessa e l’impegno di non esagerare con concetti astrusi e difficili da comprendere (in caso contrario siamo sempre a disposizione per qualsiasi chiarimento).
Una linea di montaggio, caso più comune di processo ad alta intensità di lavoro manuale, è formata da diverse stazioni di lavoro in cui vengono posizionati gli operatori di linea, che lavorano condividendo il medesimo tempo ciclo, detto anche “cadenza della linea” o, nella più moderna terminologia, “takt del processo”. I tecnici di ingegneria industriale hanno il compito di “riempire” ogni stazione di lavoro con una quantità di lavoro ragionevolmente uguale, in modo da rendere il flusso di montaggio fluido ed equilibrato. Da qui appare evidente la necessità di misurare il lavoro, cosa non facile data la natura molto variegata dello stesso. Lavoro significa esecuzione di un dato compito programmato e necessario per la produzione di un dato componente. Quindi azioni elementari come camminare, prendere e piazzare, allineare, stringere, movimentare attrezzi e strumenti sono solo un esempio di tutto ciò che può essere assegnato ad un operatore di linea. Lo strumento più utilizzato al mondo nel settore automotive per la misurazione del lavoro è UAS, Universal Analyzing System, che consiste in un database di movimenti elementari sufficienti per descrivere qualsiasi operazione manuale di cui è noto un tempo base di riferimento. Tale tempo rappresenta uno standard internazionale sviluppato e gestito da un network di associazioni No-Profit (Associazioni Nazionali MTM – Methods-Time Measurement) dedite alla ricerca e sviluppo di sistemi a tempi predeterminati di misurazione del lavoro (UAS è uno dei sistemi MTM). Il livello di rendimento richiesto al lavoratore per eseguire i compiti assegnati nei tempi previsti da UAS è basato sul concetto di ritmo medio, che può essere mantenuto per l’intera durata del turno di lavoro senza stancarsi da un essere umano allenato, con caratteristiche fisiche normali e ben addestrato.
Negli ultimi dieci anni la ricerca medico scientifica si è concentrata molto sull’aspetto della stanchezza, generata intuitivamente dalla fatica richiesta dall’esecuzione del compito lavorativo assegnato. Appare evidente, infatti, che non può essere sufficiente misurare il tempo di esecuzione “normale” di un singolo movimento per controllare la fatica umana, che è certamente collegata a tutti i compiti lavorativi eseguiti nell’arco della giornata di lavoro. E’ indispensabile aggiungere ulteriori fattori di influenza del carico di lavoro per arrivare ad un modello di misurazione della fatica umana più solido e completo. Pensiamo ad esempio al caso estremo di un sollevamento di un peso di 15 kg da terra e del successivo posizionamento su banco di lavoro. Il sistema UAS fornirebbe le seguenti indicazioni:
Piegarsi e rialzarsi da terra 2,2 sec
Prendere e piazzare oggetto su banco 2,8 sec
Tempo totale del compito 5,0 sec
Se venisse assegnato solo questo compito ad una data stazione di lavoro in una linea di montaggio che avesse una cadenza esattamente uguale a 5 sec, significherebbe per il lavoratore posizionato in questa stazione eseguire questo grave compito per circa 5.000 volte al giorno! E’ chiaro a tutti che questo è impossibile, poiché la situazione è davvero estrema. Nella realtà il processo di assegnazione dei compiti è complesso, poiché il risultato finale deve essere un flusso equilibrato, in cui tutte le stazioni di lavoro hanno pressoché lo stesso carico di lavoro e questo deve essere assolutamente misurato e controllato. Il primo passo è effettivamente quello descritto pocanzi: misurare il lavoro definendo un tempo base di esecuzione di riferimento. Tale tempo, definito appunto “tempo base”, è il tempo che richiederebbe la sequenza di compiti assegnati ad un lavoratore addestrato ed allenato che lavorasse ad un ritmo medio e costante per tutto l’arco della giornata lavorativa senza stancarsi. Il secondo passo è la misurazione della fatica generata dalla stessa sequenza, nell’ipotesi di ripeterla per tutta la giornata lavorativa. Viene introdotto quindi il concetto di carico biomeccanico, ovvero il livello di energia che il fisico del lavoratore deve sopportare nello svolgimento dell’attività. Maggiore è il carico biomeccanico, maggiore è la fatica che il lavoratore deve sopportare. Viene intuitivo a questo punto assumere che sia necessario introdurre un meccanismo di compensazione che riporti la fatica a livelli accettabili e riferibili agli standard internazionali in materia di controllo del carico biomeccanico (in particolare le ISO 11226 e 11228.1/2/3). Tale meccanismo è stato messo a punto in anni di sperimentazioni dalla nostra Fondazione ed ha assunto il nome di ERGO-MTM (ERGO-UAS nel caso Fiat). Il principio alla base di questo modello è quello di dilatare i tempi base di lavoro (misurati con i sistemi MTM) in funzione del livello di carico biomeccanico. Tale grandezza, molto articolata e complessa da determinare, è misurata attraverso l’applicazione del sistema di analisi ergonomica denominato Ergonomic Assessment Work-Sheet (EAWS), che ha il grande pregio di rifarsi agli standard ISO e di rappresentare lo standard più diffuso nel mondo industriale ed in particolare nell’industria automobilistica (oltre che in Fiat EAWS è adottato globalmente in VW). Nel modello ERGO-MTM, le pause sono parte integrante della valutazione complessiva del carico biomeccanico associato ad una data lavorazione. Se aumenta il carico biomeccanico, aumenta la dilatazione dei tempi di lavoro con l’effetto di generare dei periodi di recupero che consentano al lavoratore di rientrare nei limiti di sicurezza. Se forzatamente venisse ridotto il numero delle pause, ciò determinerebbe un aumento del carico biomeccanico (meno riposo = maggior fatica) e di conseguenza dei tempi di lavorazione (in pratica la riduzione delle pause verrebbe compensata con tempi di lavorazione più lunghi). Come si può intuire da questa breve spiegazione, il sistema ERGO-MTM si autoregola. Esso non consente di “giocare coi numeri”, poiché ogni variabile è collegata alle altre in un modello olistico e chiuso.
Alla luce di tutto ciò, appare chiaro che non possono essere imputati al modello ERGO-MTM meriti o colpe nella definizione di orari, turnazioni o regimi di pause, spesso frutto di accordi politico sindacali. Al contrario, l’utilizzo di ERGO-MTM costituisce una garanzia per il lavoratore, che obbliga l’azienda a rispettare limiti chiari e misurati di “consumo energetico”; al tempo stesso rappresenta la certezza per l’azienda di operare secondo standard di rendimento ed efficienza confrontabili con le aziende manifatturiere di tutto il mondo nel pieno rispetto dei vincoli legislativi imposti dal D.lgs 81/2008.
Gabriele Caragnano
Direttore Generale Fondazione Ergo-MTM Italia
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